Pubblicato il 24/03/2025

N. 02421/2025REG.PROV.COLL.

N. 06068/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6068 del 2024, proposto da
ARERA Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Gest S.r.l., Gesenu S.p.A., Trasimeno Servizi Ambientali (TSA) S.p.A., Società Igiene Ambientale (SIA) S.p.A., Ece S.r.l. Unipersonale, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Bartolini e Pasquale Cristiano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Synextra S.p.A., non costituita in giudizio;

nei confronti

Assoambiente – Associazione sindacale di rappresentanza delle società ed enti nel settore di igiene ambientale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Roberto Invernizzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Assoambiente – Associazione sindacale di rappresentanza delle società ed enti nel settore di igiene ambientale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Roberto Invernizzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. 1985/2024, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Gest S.r.l., Gesenu S.p.A., Trasimeno Servizi Ambientali (Tsa) S.p.A., Società Igiene Ambientale (Sia) S.p.A., Ece S.r.l. Unipersonale e di Assoambiente –Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2025 il Cons. Cecilia Altavista e uditi per le parti l’Avvocato dello Stato Generoso Di Leo e gli avvocati Antonio Bartolini, Pasquale Cristiano e Roberto Invernizzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con l’appello in esame l’ARERA, Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, sede di Milano, n. 1985 del 2024, nella parte in cui ha accolto il ricorso della società Gest S.r.l. e delle società operative Gesenu S.p.A., Trasimeno Servizi Ambientali S.p.A., Società Igiene Ambientale S.p.A., Ece S.r.l. Unipersonale, che gestiscono il servizio rifiuti in numerosi comuni dell’Umbria, avverso la Deliberazione ARERA n.389/2023/R/rif del 3 agosto 2023, di “Aggiornamento biennale (2024-2025) del metodo tariffario rifiuti (MTR-2)”, il relativo allegato A recante “Metodo tariffario rifiuti per il secondo periodo regolatorio 2022-2025 - MTR-2”, nonché i motivi aggiunti avverso la Determinazione n.1/DTAC/2023 del 6 novembre 2023 del Direttore della Direzione tariffe e corrispettivi ambientali.

La deliberazione ARERA n.389/2023/R/rif del 3 agosto 2023, ha approvato l’“Aggiornamento biennale (2024-2025) del metodo tariffario rifiuti (MTR-2)”, per il secondo periodo regolatorio 2022-2025; il MTR 2 era stato approvato con la deliberazione dell’Autorità 363 del 3 agosto 2021/R/RIF.

L’approvazione della delibera del 3 agosto 2023 è stata preceduta dall’avvio della fase di consultazione, alla quale hanno partecipato anche gli enti territorialmente competenti, i comuni, i gestori e loro associazioni di categoria.

La delibera ha quindi stabilito, ai fini delle rideterminazioni tariffarie per il biennio 2024-2025, di “procedere all’aggiornamento dei parametri di cui al comma 7.5 e al comma 13.9 del MTR-2: individuando i seguenti tassi di inflazione per l’aggiornamento dei costi operativi: �� 2023 = 4,5% e �� 2024 = 8,8%, assumendo inflazione nulla per il 2025”; ha altresì stabilito, con riferimento alle regole per la determinazione del limite alla variazione annuale delle entrate tariffarie per ciascuno degli anni 2024 e 2025, l’aggiornamento del tasso di inflazione programmata ��������, fissandone il valore a 2,7%; ha attribuito la facoltà, in capo all’Ente territorialmente competente “di valorizzare, nella misura massima del 7%, un coefficiente denominato ��������, in considerazione dei maggiori oneri sostenuti per il servizio integrato di gestione dei rifiuti negli anni 2022 e 2023 riconducibili alla dinamica dei prezzi dei fattori della produzione, fermo restando il valore massimo del parametro ����”; ha esteso la possibilità di “rimodulazione degli importi che eccedono il limite, previa valutazione e validazione da parte dell’Ente territorialmente competente come già stabilito al comma 4.5 del MTR-2, alle annualità successive al vigente periodo regolatorio”.

Con il ricorso in primo grado la delibera è stata contestata in quanto non avrebbe correttamente applicato il principio della copertura integrale dei costi (full cost recovery) dal momento che, a fronte dell’introduzione di un sistema di pianificazione tariffaria quadriennale 2022-2025, ha previsto un meccanismo di recupero dell’inflazione di carattere biennale (solo negli anni pari), anziché annuale, che, secondo le società ricorrenti, sarebbe più adatta al servizio di raccolta e smaltimento rifiuti che subisce annualmente l’aumento del tasso di inflazione sui fattori produttivi; tale scelta, unita alla mancata previsione di un adeguato meccanismo di conguaglio, non consentirebbe il recupero dei costi per gli anni dispari (2023-2025). Inoltre l’ARERA non avrebbe tenuto conto degli apporti partecipativi dei gestori e delle associazioni di categoria nella fase di consultazione. In particolare, con il primo motivo, è stata lamentata la violazione della legge n.241/1990 e della deliberazione n. 649/2014/a del 23 dicembre 2014, l’eccesso di potere, la violazione del principio di partecipazione al procedimento, il difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto nella delibera del 3 agosto 2023 non solo l’ARERA non avrebbe recepito le osservazioni di Assoambiente, ma non le avrebbe neppure considerate. Con la seconda censura si è dedotta la violazione degli artt.178 e 238 del d.lgs. n.152/2006, dell’art.1, comma 527, della legge n.205 del 2017, della direttiva 2008/98/, l’eccesso di potere per contraddittorietà ed irragionevolezza sostenendo l’illegittimità degli artt. 3 e 4 della Deliberazione n.389/2023, nonchè degli artt. 4.2 bis, 4.4 bis, 4.5 e 4.6, 7.2, 7.2 bis, 7.5, 7.6, 18 e 19 del relativo Allegato A, per “la mancata previsione di un sistema di conguagli che consenta l’allineamento dei costi inseriti nel PEF 2022-2025 a quelli effettivamente sostenuti dal Gestore”; per “la mancata previsione di un sistema di conguaglio volto ad adeguare i costi inseriti nel PEF 2023, al tasso di inflazione effettivamente registratosi”; per “la previsione che anche ai fini della predisposizione del PEF 2025 – ove elaborato sulla base di dati di preconsuntivo 2023 o addirittura del Bilancio 2022 – si debba assumere inflazione nulla, senza alcun meccanismo di conguaglio successivo”; per la previsione di subordinare “l’incremento del parametro ���� – ovvero il cd. limite alla crescita delle entrate tariffarie – a scelte sostanzialmente discrezionali dell’ETC”; per “la previsione che subordina il recupero di costi eccedenti il limite alla crescita nel periodo regolatorio 2024-2025 ovvero nelle annualità successive a determinazione discrezionali dell’ETC”; per “la mancata previsione della possibilità di applicare la remunerazione del capitale agli importi eccedenti il cd. extracap ovvero non ammessi al riconoscimento tariffario nell’anno di pertinenza, stante il cap rappresentato dal limite alla crescita”, in quanto lesive del principio normativo del full recovery cost e contraddittorie ed irragionevoli rispetto alle argomentazioni esposte dalla stessa Autorità nel Documento di consultazione relativamente agli effetti dell’inflazione sui fattori della produzione.

Si costituiva nel giudizio di primo grado l’ARERA, che deduceva che il Direttore della Direzione tariffe e corrispettivi ambientali dell’Autorità aveva successivamente adottato la determinazione 6 novembre 2023, n. 1/DTAC/2023, “Approvazione degli schemi tipo degli atti costituenti l’aggiornamento della proposta tariffaria per il biennio 2024-2025 e delle modalità operative per la relativa trasmissione all’Autorità, nonché chiarimenti su aspetti applicativi della disciplina tariffaria del servizio integrato dei rifiuti, ai sensi delle deliberazioni 363/2021/R/rif e 389/2023/R/rif”, nella quale era stato chiarito - all’articolo 3, comma 3 - che l’Ente territorialmente competente “può valorizzare, secondo le modalità operative declinate nel tool di calcolo di cui alla lettera a) del comma 1.1, il recupero del conguaglio riconducibile agli scostamenti tra i costi riconosciuti in sede di prima approvazione della predisposizione tariffaria 2022-2025, con riguardo all’annualità 2023”. Sosteneva l’infondatezza della prima censura, in quanto l’Autorità non era tenuta a confutare specificamente tutte le osservazioni pervenute. Eccepiva la tardività della seconda censura, in quanto rivolta in realtà al MTR 2, approvato con la delibera del 3 agosto 2021, dal momento che quello indicato come allegato A alla delibera del 3 agosto 2023 costituisce il testo dell’allegato alla delibera del 3 agosto 2021, integrato solo con riguardo alle specifiche previsioni modificate e allegato integralmente alla delibera del 2023, in quanto testo coordinato con le modifiche. Eccepiva altresì l’improcedibilità delle censure in relazione alla sopravvenienza della determinazione del 6 novembre 2023, che aveva consentito di intervenire per l’anno 2023, sulla base del tasso di inflazione del 4,5% riconosciuto, per il 2023, dalla Deliberazione 389/2023/R/RIF, proprio in relazione alla spinta inflazionistica straordinaria e imprevedibile verificatasi nel periodo. Eccepiva inoltre l’inammissibilità per carenza di interesse dei motivi con cui si contestava la mancata valutazione dei dati di bilancio effettivi, in quanto l’ente territoriale competente, l’AURI (Autorità umbra per rifiuti e idrico), con Delibera del Consiglio Direttivo n. 1 del 16 gennaio 2023 aveva avviato un procedimento di revisione infra periodo dei PEF 23-25, ai sensi dell’art. 8.5 della Delibera ARERA n. 363 del 3 agosto 2021, sulla base dei dati consuntivi del 2021. Sosteneva comunque la genericità delle censure e la loro infondatezza, in quanto per il Gestore ricorrente era stato attivato il sistema previsto dalla regolazione della revisione infra periodo della tariffa, ai sensi dell’articolo 8.5 della delibera 363/2021/R/RIF; inoltre deduceva che il principio del full cost recovery nell’ambito del servizio rifiuti deve essere contemperato con la tutela degli utenti e non ha quindi portata assoluta, mentre la regolazione approvata prevede strumenti per sopperire alle varie esigenze; il parametro dell’inflazione nulla per il 2025 deriverebbe dalla mancata conoscenza dei dati Istat per il 2025 per il quale l’eventuale inflazione potrebbe essere recuperata negli anni successivi; le modalità di calcolo dei tassi di inflazione erano determinate dal MTR 2, approvato con la delibera n. 363 del 2021, con conseguente ulteriore profilo di tardività; deduceva in particolare, con riguardo alla previsione relativa al potere degli ETC, che era prevista nel MTR 2 e quindi ogni contestazione al riguardo sarebbe tardiva e comunque infondata, in quanto l’ETC è già il soggetto che valuta il Piano economico finanziario del Gestore al fine di contemperare il recupero dei costi del servizio con il rispetto della tutela degli utenti.

La parte ricorrente ha proposto motivi aggiunti avverso la determina dirigenziale del 6 novembre 2023, riproponendo le censure del ricorso introduttivo per illegittimità derivata e proponendo un motivo autonomo di incompetenza, violazione della legge n.241/1990, della deliberazione 649/2014/a del 23 dicembre 2014, eccesso di potere, violazione del principio di partecipazione al procedimento, difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto con determina dirigenziale non potrebbe essere modificata una delibera dell’Autorità; ha sostenuto l’illegittimità del riconoscimento del conguaglio consentito dall’art. 3.3 della Determinazione impugnata solo se riconosciuto all’ETC, per cui la clausola sarebbe illegittima nella parte in cui non prevede come obbligatorio e doveroso il riconoscimento del conguaglio; in ogni caso la previsione della determina dirigenziale non supererebbe gli altri profili di illegittimità censurati con il ricorso introduttivo relativi alla previsione “che anche ai fini della predisposizione del PEF 2025 – ove elaborato sulla base di dati di preconsuntivo 2023 o addirittura del Bilancio 2022 – si debba assumere inflazione nulla, senza alcun meccanismo di conguaglio successivo”; all’incremento del parametro ���� – ovvero il cd. Limite alla crescita delle entrate tariffarie subordinato a scelte sostanzialmente discrezionali dell’ETC; alla possibilità di recuperare i costi eccedenti il “Limite alla crescita”, nel periodo regolatorio 2024-2025 ovvero nelle annualità successive subordinate a “determinazioni discrezionali dell’ETC (qualora ritenuta necessaria al mantenimento dell’equilibrio economico finanziario, nonché al perseguimento degli specifici obiettivi programmati)”; alla mancata applicazione “della remunerazione del capitale agli importi eccedenti il cd. extracap ovvero non ammessi al riconoscimento tariffario nell’anno di pertinenza, stante il cap generato dal Limite alla crescita”.

Rispetto ai motivi aggiunti l’ARERA ha dedotto che: l’atto impugnato costituisce un atto favorevole alla parte ricorrente; ha natura di atto applicativo della precedente delibera quindi rientra pienamente nella competenza direttoriale; comunque tale provvedimento non avrebbe potuto prevedere automatismi di conguaglio in contrasto con le previsioni della delibera del 2023.

E’ intervenuta ad adiuvandum Assoambiente, deducendo di essere un’associazione composta da operatori del Settore di igiene ambientale (raccolta, riciclo, recupero e smaltimento rifiuti urbani e speciali), delle bonifiche, nonché di rappresentanza delle attività a supporto dell’economia circolare, istituzionalmente interlocutore dell’ARERA nelle procedure relative al servizio rifiuti, sostenendo l’inadeguatezza della delibera rispetto alle esigenze sottolineate nel corso del procedimento di consultazione, nel quale erano state richieste specifiche misure di adeguamento all’inflazione.

L’ARERA ha eccepito l’inammissibilità dell’intervento dell’Assoambiente in quanto cointeressata, che avrebbe potuto autonomamente impugnare la delibera.

Nel giudizio di primo grado era intervenuta anche la Synextra s.p.a., con una costituzione di mera forma, quale operatore nel settore di selezione dei rifiuti che aveva proposto impugnazione con un differente giudizio avverso la medesima delibera del 3 agosto 2023.

Con la sentenza n. 1985 del 25 giugno 2024 il TAR Lombardia ha respinto le varie eccezioni preliminari proposte dall’Autorità. In particolare ha ritenuto ammissibile l’intervento di Assoambiente, in quanto soggetto intervenuto non a tutela di una propria posizione di gestore del servizio, ma per fare valere un interesse di mero fatto dipendente e collegato alla situazione fatta valere con il ricorso principale; ha ritenuto infondata l’eccezione di tardività in quanto nel 2021 la dinamica della spinta inflazionistica, che ha determinato l’interesse concreto ed attuale all’impugnativa non si era ancora palesata nella sua gravità mentre si è manifestata nel 2022 e negli anni successivi, per cui “l’interesse ad agire è sorto con la revisione del metodo del 2023 che non ha preso in considerazione la straordinarietà dell’aumento significativo del costo della vita”; ha ritenuto infondata l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto la determinazione direttoriale n. 1/2023 non risulta satisfattiva della posizione giudica soggettiva azionata in giudizio dalla ricorrente “dal momento che prevede il riconoscimento in capo all’ETC di un potere discrezionale nell’an, e quindi non vincolato, in ordine al riconoscimento del conguaglio dei costi tali da poter annullare il meccanismo di conguaglio inflazionistico”; ha escluso la genericità delle censure. Ha ritenuto infondato il primo motivo, in quanto “la decisione regolatoria non è frutto di una codeterminazione con gli operatori privati, ma spetta all’Autorità, che pure è tenuta ad attivare la consultazione in coerenza con il principio di legalità in senso procedimentale. Ne consegue che il rispetto del principio di legalità procedimentale non si traduce nel dovere di confutare minuziosamente ciascuna delle osservazioni presentate, essendo sufficiente che la determinazione adottata all’esito della consultazione sia coerente sul piano logico, aderente alle finalità cui tende e supportata da adeguate argomentazioni, tecniche e discrezionali, in coerenza con la natura del potere esercitato dall’Autorità”. Ha accolto in parte il secondo motivo di ricorso richiamando l’art. 238 del d.lgs. n. 152 del 2006, laddove prevede il principio della copertura dei costi di gestione del servizio integrato dei rifiuti; nonché l’art. 7 del MTR-2 per cui “I costi ammessi a riconoscimento tariffario sono calcolati secondo criteri di efficienza, considerando i costi al netto dell’IVA detraibile e delle imposte”, ritenendo che il principio del full cost recovery debba essere limitato al riconoscimento dei soli costi efficienti o utili, intesi quali costi che trovino giustificazione nella migliore tecnica imprenditoriale di gestione, e che siano dimostrati tali dal gestore, mentre non è consentito un riconoscimento a “piè di lista” di tutti i costi sostenuti dal gestore, non dovendo essere quindi coperti integralmente ma dovendo il principio della copertura dei costi essere contemperato con la tutela degli utenti e la continuità dell’erogazione del servizio essenziale. Ha quindi ritenuto infondate le censure relative alla indicazione nulla per il 2025 non essendo ancora disponibili i dati sugli aumenti ISTAT; alla mancata considerazione dei dati effettivi dei bilanci per il 2021, essendo stata approvata per le società ricorrenti la revisione infra periodo sulla base dei dati contabili definitivi per l’anno 2021; ha respinto, altresì, la censura relativa alla discrezionalità attribuita agli ETC nel consentire il recupero dei costi eccedenti, affermando la legittimità della scelta dell’Autorità di individuare “l’Ente territorialmente competente il soggetto idoneo a compiere siffatte valutazioni”. Con riguardo ai motivi aggiunti ha respinto l’eccezione di incompetenza del Direttore della Direzione Tariffe e Corrispettivi Ambientali, trattandosi di disposizioni meramente operative rientranti nella competenza attribuita al Direttore. Ha invece accolto in parte la seconda censura del ricorso e dei motivi aggiunti relativa alla mancata previsione di un sistema di conguaglio volto ad adeguare i costi inseriti nel PEF 2023, al tasso di inflazione effettivamente registratosi, e conseguentemente il mantenimento del PEF 2023 con inflazione nulla, nonché relativamente al potere degli ETC di procedere al riconoscimento dei conguagli, affermando che il “potere che è stato attributo agli ETC di riconoscere il tasso di inflazione in relazione ai costi del 2023 (quale previsione del recupero del conguaglio riconducibile agli scostamenti tra i costi riconosciuti in sede di prima approvazione della predisposizione tariffaria 2022-2025 con riguardo all’annualità 2023 e quelli riquantificabili considerando il tasso di inflazione pari al 4,5%) non risulta in linea con la disciplina regolatoria che si pretende di attuare poiché la deliberazione n. 389/2023 non aveva previsto la facoltà per gli ETC di procedere al conguaglio dei costi, tenendo presente l’inflazione registratasi, bensì di procedere al riconoscimento della stessa inflazione. La circostanza che il provvedimento impugnato con motivi aggiunti rimetta all’ETC la possibilità di valorizzare il recupero del conguaglio in questione non è coerente sia rispetto all’assetto del settore caratterizzato, come noto, da una governance multilivello che radica sull’ARERA il potere regolatorio sia rispetto alle norme primarie che affidano all’ETC il solo compito di definire le tariffe del servizio e il perseguimento dei recuperi di efficienza sulla base delle indicazioni provenienti dall’Autorità. Del resto, la regola generale sottesa al metodo tariffario del servizio integrato rifiuti prevede che i costi complessivi per il servizio integrato siano contenuti nel Piano Economico Finanziario e debbano essere approvati dall’ETC sulla base delle indicazioni sul riconoscimento dei costi stabiliti da ARERA competente a valorizzazione tutte le componenti di costo (del servizio)”.

Con l’appello in esame l’ARERA ha impugnato il capo di accoglimento della sentenza di primo grado formulando un primo motivo, con cui ha riproposto l’eccezione di tardività, contestando le affermazioni del giudice di primo grado in ordine alla sopravvenienza dell’interesse ad impugnare per l’eccezionale spinta inflazionistica intervenuta successivamente all’approvazione del MTR 2 nel 2021; l’Autorità in particolare ha dedotto che “le modalità di determinazione dei costi riconosciuti e di aggiornamento dei medesimi costi (ivi compresa la mancata previsione di un meccanismo di conguaglio volto ad adeguare i costi inseriti nel PEF 2023 al tasso di inflazione effettivamente registratosi), nonché dei conguagli sono stati disciplinati dal MTR-2, approvato dalla delibera 363/2021/R/rif, ed erano noti alle odierne appellate, dunque, sin dal 2021”. Inoltre, “il metodo MTR-2, sin dalla sua formulazione originaria, agli articoli 18 e 19 non stabiliva alcun conguaglio relativo alla revisione del PEF per l’anno 2023, mediante applicazione dell’indice di inflazione I2023 (pubblicato in sede di aggiornamento) alla componente dei costi operativi. A ciò si aggiunge che l’articolo 17 sui conguagli in generale – non impugnato da GEST – non ha mai previsto conguagli automatici ossia non sottoposti alla valutazione dell’ETC, come non ha carattere automatico il riconoscimento di qualsiasi altra componente di costo inserita nel PEF predisposto dal gestore e sottoposta alla validazione dell’ente territorialmente competente…secondo criteri funzionali al riconoscimento dei costi efficienti di investimento e di esercizio, contestualmente verificando il rispetto dell’equilibrio economico finanziario del gestore, secondo quanto previsto dal comma 28.2 del MTR- 2, nonché dal comma 7.4 e 4.6 della deliberazione 363/2021/R/ri”; “il comma 7.5. del MTR-2 nella formulazione originaria chiariva che la pubblicazione puntuale dei tassi di inflazione in parola (tra i quali I2023) sarebbe stata funzionale all’aggiornamento delle predisposizioni tariffarie per gli anni 2024 e 2025, non già alla revisione della tariffa 2023 (in pratica per la tariffa 2024, l’indice I2023 viene applicato ai costi operativi individuati sulla base del bilancio dell’anno a-2, ossia 2022). Ancor più chiaramente la deliberazione 363/2021/R/rif, all’articolo 8, stabiliva l’aggiornamento del piano economico finanziario per gli anni 2024 e 2025, non anche l’aggiornamento anche dell’annualità 2023”. Quindi ha eccepito che le società ricorrenti, quali operatori del settore, dovevano essere in grado di comprendere gli effetti del MTR 2 già nel 2021; mentre l’allegato A alla delibera del 2023 costituisce solo un testo coordinato del MTR 2 con le modifiche introdotte nel 2023 che non può dunque essere impugnato integralmente.

Con un secondo motivo l’ARERA ha riproposto l’eccezione di improcedibilità del ricorso di controparte per sopravvenuta carenza di interesse, in relazione all’intervento della successiva determina dirigenziale del 6 novembre 2023, che ha riconosciuto proprio le utilità richieste dalle ricorrenti ovvero la previsione di un conguaglio per l’inflazione per il 2023; mentre l’attribuzione del potere di riconoscimento del conguaglio all’ETC rientra nelle funzioni attribuite a tale Ente dal legislatore e dalla Autorità ed è conforme al metodo di regolazione tariffaria del servizio integrato dei rifiuti approvato nel 2021.

Con il terzo motivo ha riproposto l’eccezione di inammissibilità dell’intervento dell’Assoambiente, in capo alla quale sussisterebbe un interesse proprio differenziato da quello delle ricorrenti in primo grado, per cui avrebbe una autonoma legittimazione a ricorrere.

Con il quarto motivo ha contestato nel merito l’accoglimento del ricorso, lamentando il travisamento dei fatti, la violazione e/o falsa applicazione dei principi in materia di predisposizione del metodo tariffario, l’errato riconoscimento del conguaglio derivante dall’applicazione dell’indice di inflazione I2023 alla componente di costo operativo del PEF 2023, la contraddittorietà della sentenza, in quanto non avrebbe considerato che, mentre la delibera del 3 agosto 2023 ha previsto un meccanismo automatico di attualizzazione dei costi, ma solo ai fini dell’aggiornamento biennale dei costi secondo quanto stabilito dal MTC 2, la determina del 6 novembre 2023 ha previso un ulteriore meccanismo discrezionale per sopperire alla situazione particolarmente critica dell’anno 2023, attribuendone la discrezionalità agli ETC, in conformità a quanto previsto dal MTC 2 e dalla delibera del 3 agosto 2021. Ha quindi dedotto che la delibera del 3 agosto 2023 ha considerato sotto vari profili la problematica inflazionistica, consentendo, all’articolo 4, che il parametro per la determinazione del limite alla crescita delle tariffe sia determinato aggiornando il valore del tasso di inflazione programmata, e ponendolo pari a 2,7%; che per gli anni 2024 e 2025, ai fini dell’aggiornamento biennale delle entrate tariffarie, l’ETC possa valorizzare per la determinazione del parametro del limite alla crescita delle entrate il coefficiente “CRIa”, che tenga conto dei maggiori oneri sostenuti per il servizio integrato di gestione dei rifiuti negli anni 2022 e 2023 “riconducibili alla dinamica dei prezzi dei fattori della produzione”. Inoltre ha dedotto l’erroneità della sentenza rispetto alla scelta di attribuire agli ETC il potere di valorizzare il recupero del conguaglio, in quanto scelta coerente all’assetto del settore caratterizzato da una governance multilivello sia rispetto alle norme primarie, che affidano all’ETC il compito di definire le tariffe del servizio, sia rispetto alla regolazione del servizio tariffario dei rifiuti, che prevede che debba essere l’ETC a compiere una preliminare valutazione e validazione dei dati e delle informazioni necessari alla predisposizione del PEF. In ogni caso le argomentazioni della sentenza di primo grado sarebbero sul punto anche contraddittorie avendo la stessa sentenza ritenuto legittimo il potere attribuito agli ETC di valutare l’incremento dei costi ai fini del cd. Limite alla crescita

Si è costituita in giudizio e ha depositato altresì atto di intervento notificato l’Assoambiente,

Ha proposto appello incidentale la parte ricorrente in primo grado impugnando i capi della sentenza di reiezione del ricorso di primo grado.

In particolare con un primo motivo di appello ha contestato le argomentazioni della sentenza appellata di infondatezza del primo motivo del ricorso introduttivo relativo alla mancata considerazione delle osservazioni degli operatori e dell’Assoambiente, deducendo che il giudice di primo grado non avrebbe considerato che l’obbligo di motivazione deriva direttamente dall’art. 5 della Deliberazione ARERA n.649/2014/A del 23 dicembre 2014; inoltre il difetto di motivazione era stato dedotto anche con riguardo alla contraddittorietà della delibera dell’Autorità rispetto alle stesse sua Premesse e al contenuto della delibera di avvio della consultazione.

Con ulteriori motivi ha contestato la parziale reiezione del secondo motivo di ricorso, con cui era stata censurata la mancata previsione di un sistema di conguagli tale da consentire l’allineamento dei costi inseriti nel PEF 2022-2025 (ricavati dai dati di preconsuntivo ovvero dal Bilancio 2020) a quelli effettivamente sostenuti dal Gestore e ricavati dalle fonti contabili obbligatorie dell’anno (a-2) di riferimento; in particolare, con riguardo alle argomentazioni del giudice di primo grado sul punto, ha dedotto che la revisione infra periodo approvata dall’AURI era avvenuta assumendo i costi sostenuti nel 2021 ricavati dal bilancio di esercizio (nel frattempo approvato) ma continuando ad assumere, per il 2023, inflazione nulla cioè pari a 0; “con tale deliberazione AURI aveva, dunque negato il riconoscimento del conguaglio I23 che avrebbe consentito di recuperare per l’anno 2023 il tasso di inflazione del 4,5%”; inoltre, comunque il recupero era stato negato per il 2025, assunto come inflazione nulla, e la sentenza era in contraddizione con lo stesso capo di accoglimento relativo alla mancata previsione di un meccanismo di conguaglio obbligatorio per il 2023 nella determina dirigenziale del 6 novembre 2023, dal momento che lo stesso principio avrebbe comportato l’illegittimità anche delle simmetriche previsioni del Metodo (MTR 2), ovvero la mancata previsione di un meccanismo di conguaglio automatico anche per il 2025 ovvero per quelle ipotesi in cui il PEF fosse stato approvato assumendo un dato di inflazione nulla e/o meramente previsionale. Sono state poi contestate le argomentazioni del giudice di primo grado relative alle determinazioni discrezionali dell’ETC, sostenendo che l’originaria censura non riguardava la competenza degli ETC ma la mancanza di un parametro predeterminato e di un obbligo di conguaglio. E’ stato poi riproposto il motivo, non esaminato dal giudice di primo grado, relativo alla mancata possibilità di applicare la remunerazione del capitale agli importi eccedenti cd. extracap ovvero non ammessi al riconoscimento tariffario nell’anno di pertinenza, stante il cap rappresentato dal “Limite alla crescita”. Ha, altresì, eccepito l’inammissibilità dell’appello dell’ARERA che non avrebbe impugnato le parti della sentenza di primo grado che sarebbero il presupposto dell’accoglimento.

Tutte le parti costituite hanno presentato memorie e memorie di replica, contestando le argomentazioni avversarie e insistendo per la fondatezza delle proprie ricostruzioni difensive.

In particolare l’ARERA nella memoria ha riproposto le eccezioni assorbite e non esaminate dal giudice di primo, quali quelle relative alla sopravvenuta carenza di interesse rispetto al motivo relativo alla mancata previsione di un sistema di conguaglio volto ad adeguare i costi inseriti nel PEF 2023 al tasso di inflazione effettivamente registratosi; alla tardività delle censure rivolte avverso il MTR 2, approvato con la delibera del 3 agosto 2021, che già prevedeva anche il potere discrezionale degli ETC.

All’udienza dell’11 marzo 2025 l’appello è stato trattenuto in decisione.

L’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dalla difesa della parte odierna appellante incidentale è infondata, in quanto è evidente che l’ARERA aveva interesse ad impugnare solo i capi della sentenza di accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti nonché quelli con cui sono state respinte le eccezioni preliminari. Non doveva quindi contestare tutti i passaggi motivazionali della sentenza di primo grado, che hanno condotto, peraltro, alla reiezione di gran parte delle censure. In ogni caso le parti della sentenza a cui fa riferimento la parte appellante incidentale sono mere descrizioni degli atti impugnati, quindi neutre rispetto al contenuto di accoglimento della sentenza.

In via, altresì, preliminare devono essere esaminati i motivi dell’appello principale, che ripropongono eccezioni preliminari, tra cui, nell’ordine logico, per prima quella relativa all’ammissibilità dell’intervento e poi quelle relative alla tardività e improcedibilità del ricorso.

L’eccezione di inammissibilità dell’intervento dell’Assoambiente è infondata.

Come è noto, in linea generale, l’intervento ad adiuvandum (ai sensi degli articoli 28 e 50 del D.Lgs. n. 104 del 2010) può essere svolto da colui il quale vanti una posizione di fatto, dipendente o collegata alla situazione fatta valere con il ricorso principale (cd. intervento adesivo-dipendente), escludendosi invece tale possibilità nei riguardi del cointeressato (cd. intervento autonomo/principale), cioè di colui il quale vanti un interesse personale e diretto all'impugnazione del provvedimento oggetto di censura (Cons. Stato, Sez. III, 31 marzo 2023, n. 3363; Sez. IV, 21 maggio 2024, n. 4519). Nel caso di specie, però, l’intervento deve ritenersi ammissibile in quanto si tratta di Associazione di categoria, che tutela gli interessi collettivi degli associati e in tale qualità ha partecipato alla fase di consultazione, che ha preceduto la delibera impugnata con il ricorso di primo grado. E’ vero che proprio tale legittimazione alla partecipazione al procedimento e la natura collettiva degli interessi tutelati comportano in capo alla Associazione anche una autonoma legittimazione ad agire, come sostiene l’ARERA, ma proprio in quanto tale legittimazione è riconosciuta, non in quanto portatrice di un interesse individuale, analogo a quello della parte ricorrente, ma in quanto soggetto che rappresenta l’autonomo interesse collettivo della categoria, deve ritenersi ammissibile l’intervento in giudizio, trattandosi di un interesse diverso da quello dei singoli associati. La diversa ricostruzione, sostenuta da ARERA, comporterebbe che l’ampliamento della legittimazione ai soggetti portatori di interessi collettivi farebbe perdere proprio a tali soggetti la possibilità di intervento nel giudizio proposto dai singoli, nonostante l’interesse tutelato sia configurato dall’ordinamento diversamente da quello dei singoli. In sostanza, rispetto all’interesse personale fatto valere in giudizio dagli operatori del settore, la associazione di categoria tutela un interesse collettivo facente capo alla generalità degli associati, che nel caso di specie non è stato autonomamente azionato, ma ha costituito il presupposto, di mero fatto, per l’intervento in giudizio, con il quale ovviamente non è possibile ampliare l’oggetto del giudizio.

Il primo motivo di appello con cui si ripropone l’eccezione di tardività del ricorso è fondata.

Si deve rilevare che la sentenza ha accolto la seconda censura limitatamente alla parte della delibera impugnata con il ricorso introduttivo richiamando “la mancata previsione di un sistema di conguaglio volto ad adeguare i costi inseriti nel PEF 2023, al tasso di inflazione effettivamente registratosi; e conseguentemente il mantenimento del PEF 2023 con inflazione nulla”, anche se poi l’accoglimento risulta limitato alla parte della delibera che “non prevede espressamente un sistema di conguaglio automatico che escluda l’intervento degli ETC al di là del calcolo dell’inflazione”.

In ogni caso, il MTR 2, approvato con la delibera del 3 agosto 2021, non prevedeva alcun sistema di conguaglio automatico per l’adeguamento al tasso di inflazione, consentendo l’aggiornamento biennale (per gli anni 2024 e 2025) delle entrate tariffarie.

Ai sensi degli artt. 4.2 e segg. della delibera n. 363 del 2021, “Le entrate tariffarie determinate per ciascuna delle annualità 2022, 2023, 2024 e 2025 non possono eccedere quelle relative all’anno precedente, più del limite alla variazione annuale, che tiene conto, ai sensi dell’Articolo 4 del MTR-2: a) del tasso di inflazione programmata; b) del miglioramento della produttività; c) del miglioramento previsto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni erogate agli utenti; d) delle modifiche del perimetro gestionale, con riferimento ad aspetti tecnici e/o operativi.

4.3 Qualora l’Ente territorialmente competente non individui obiettivi di miglioramento della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni erogate e non preveda modifiche al perimetro gestionale, le entrate tariffarie possono essere incrementate, al massimo, per il valore corrispondente alla differenza tra il tasso di inflazione programmata e il miglioramento della produttività, salvo i casi in cui si ravvisi la necessità di copertura degli scostamenti attesi riconducibili alle novità normative introdotte dal decreto legislativo 116/20, in materia di qualificazione dei rifiuti prodotti da utenze non domestiche e di possibilità per tale tipologia di utenza di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico.

4.4 Nel caso in cui l’Ente territorialmente competente ritenga necessario, per il raggiungimento degli obiettivi migliorativi definiti o per il superamento di situazioni di squilibrio economico e finanziario, il superamento del limite di cui al precedente comma 4.2, presenta all’Autorità, per i seguiti di competenza, una relazione attestando le valutazioni compiute come specificato nel citato Articolo 4 del MTR-2”.

L’art. 8.5 della delibera del 3 agosto 2021 dava rilevanza a “circostanze straordinarie e tali da pregiudicare gli obiettivi indicati nel piano,” ai fini della revisione infra periodo della predisposizione tariffaria, tramite istanza degli enti territorialmente competenti all’Autorità. In particolare il MTR 2 disciplinava i costi ammessi al riconoscimento tariffario specificando all’ultimo paragrafo dell’art. 7.2 che “in sede di aggiornamento biennale le componenti di costo saranno riallineate ai dati risultanti da fonti contabili obbligatorie dell’anno (a-2)”. Ai sensi del successivo art. 7.5, “Ai fini dell’aggiornamento dei costi di cui al comma 7.3, il tasso di inflazione relativo all’anno a è inteso come variazione percentuale della media calcolata su 12 mesi dell’indice mensile ISTAT per le Famiglie di Operai ed Impiegati (FOI esclusi i tabacchi) nei mesi da luglio dell’anno (a-1) rispetto a giugno dell’anno successivo. Ai fini delle determinazioni tariffarie per l’anno �� = {2022}, si considerano i seguenti tassi di inflazione �� 2021 = 0,1% e �� 2022 = 0,2%. Per gli anni 2023, 2024 e 2025, in sede di prima approvazione, si assume inflazione nulla, rinviando la pubblicazione puntuale dei tassi di inflazione in parola ai provvedimenti che verranno adottati dall’Autorità ai fini dell’aggiornamento delle predisposizioni tariffarie per gli anni 2024 e 2025”. Gli articoli 17, 18 e 19 del MTR 2 disciplinavano poi i conguagli per i costi fissi e variabili riferiti alle annualità pregresse la cui quantificazione era rimessa ad una valutazione facoltativa dell’Ente territorialmente competente, “con procedura partecipata dal gestore”, “anche provvedendo alla rimodulazione dei conguagli fra le diverse annualità del secondo periodo regolatorio, nonché eventualmente prevedendo le modalità per il recupero degli stessi anche successivamente al 2025, in un’ottica di sostenibilità della tariffa applicata agli utenti e comunque salvaguardando l’equilibrio economico finanziario delle gestioni” (art. 17). Gli articoli 18 e 19 indicando le specifiche voci di costi fissi e variabili recuperabili con i conguagli

Nel MTR 2 non era quindi previsto un sistema di calcolo automatico dell’inflazione, che poteva essere considerato per il riconoscimento dei costi, nella successiva sede dell’adeguamento tariffario biennale. In particolare l’aggiornamento biennale avrebbe considerato l’adeguamento dell’inflazione per gli anni 2023, 2024, 2025, mentre nella delibera del 2021 questa era assunta come nulla.

Conseguentemente la delibera n. 363 del 3 agosto 2023, che ha approvato l’aggiornamento biennale, ha determinato l’inflazione per gli anni 2023 e 2024. Infatti ai sensi dell’art. 7.6: “Ai fini dell’aggiornamento biennale delle predisposizioni tariffarie per gli anni 2024 e 2025 si considerano i seguenti tassi di inflazione: ����2023 = 4,5% e ����2024 = 8,8%. Per l’anno 2025 si assume inflazione nulla”. La delibera n. 363 del 2023, inoltre, dà espressamente atto di confermare per il secondo periodo regolatorio 2022-2025 la “formulazione generale delle entrate tariffarie di riferimento di cui all’articolo 2 del MTR-2, nonché dei costi riconosciuti di cui al comma 7.3 del MTR-2 (risultanti dalle fonti contabili obbligatorie) e delle componenti in cui i medesimi oneri vengono riclassificati (costi operativi di gestione (������), costi comuni (������) e costi d’uso del capitale (������) di cui agli articoli 8, 11 e 12 del MTR-2)”. Altresì dà atto, ai fini dell’aggiornamento biennale delle predisposizioni tariffarie, della esigenza “di intercettare tempestivamente, nell’ambito dei costi riconosciuti, i maggiori oneri sostenuti per il servizio integrato di gestione dei rifiuti negli anni 2022 e 2023 riconducibili alla dinamica dei prezzi dei fattori della produzione, preservando l’equilibrio economico -finanziario delle gestioni e la continuità nell’erogazione”.

A tali fini, oltre all’adeguamento del tasso di inflazione per gli anni 2023 e 2024, tra i meccanismi introdotti dall’aggiornamento biennale delle predisposizioni tariffarie, la delibera del 3 agosto 2023 ha fatto espresso riferimento “per quanto attiene ai dati da utilizzare ai fini dell’aggiornamento delle entrate tariffarie di riferimento” all’aggiornamento della determinazione delle tariffe del 2024 “con i dati di bilancio relativi all’anno 2022, salvo le componenti per le quali è esplicitamente ammesso un dato stimato”; all’aggiornamento della determinazione delle tariffe per l’anno 2025 “con i dati di bilancio o di preconsuntivo relativi all’anno 2023 o, in mancanza, con quelli dell’ultimo bilancio disponibile, salvo le componenti per le quali è esplicitamente ammesso un dato stimato”; all’aggiornamento dei parametri di cui al comma 7.5 e al comma 13.9 del MTR-2 individuando i seguenti tassi di inflazione per l’aggiornamento dei costi operativi: “�� 2023 = 4,5% e �� 2024 = 8,8%, assumendo inflazione nulla per il 2025; fissando, relativamente al deflatore degli investimenti fissi lordi, il valore ������2022 2023 = 1,034; rimandando ad un successivo provvedimento la determinazione del vettore che esprime il deflatore degli investimenti fissi lordi con base 1 nel 2024 e, infine, assumendo un valore pari a 1 per il deflatore degli investimenti fissi lordi con base 1 nel 2025”.

Inoltre, con riferimento alle regole per la determinazione del limite alla variazione annuale delle entrate tariffarie, per ciascuno degli anni 2024 e 2025 è stato aggiornato il tasso di inflazione programmata ��������, fissandone il valore a 2,7%; è stata prevista “la facoltà, in capo all’Ente territorialmente competente, di valorizzare, nella misura massima del 7%, un coefficiente denominato ��������, in considerazione dei maggiori oneri sostenuti per il servizio integrato di gestione dei rifiuti negli anni 2022 e 2023 riconducibili alla dinamica dei prezzi dei fattori della produzione, fermo restando il valore massimo del parametro ����”; è stata estesa la possibilità di rimodulazione degli importi che eccedono il limite, previa valutazione e validazione da parte dell’Ente territorialmente competente come già stabilito al comma 4.5 del MTR-2, alle annualità successive al vigente periodo regolatorio. Con riguardo ai costi operativi incentivanti ����������,�� ������ e ����������,�� ������ , di cui agli articoli 9 e 10 del MTR-2, è stata consentita “per ciascun anno �� = {2024, 2025} l’eventuale rideterminazione in aumento anche a parità di obiettivi attesi di miglioramento e di ampliamento del perimetro gestito, a condizione che tale rideterminazione risulti motivata dalla necessità di tener conto di dinamiche inflattive non intercettate in sede di prima predisposizione tariffaria”.

E’ evidente, dunque, che l’Autorità, nell’esercizio della discrezionalità tecnica, propria del potere di regolazione, sia intervenuta al momento dell’aggiornamento biennale con specifiche misure rispetto al MTR 2, approvato del 2021. Ne deriva che solo tali misure potevano essere oggetto di tempestiva impugnazione nel 2023, non potendosi più contestare l’impianto complessivo del MTR 2 approvato nel 2021, che prevedeva la predisposizione tariffaria quadriennale, l’aggiornamento biennale ed eventuali revisioni infra periodo in caso dell’intervento di circostanze straordinarie.

Il Collegio non condivide, infatti, le argomentazioni del giudice di primo grado per cui l’interesse a ricorrere è divenuto concreto ed attuale solo al verificarsi del fenomeno inflattivo straordinario occorso a partire dall’anno 2022. Si deve osservare che l’interesse a ricorrere si determina in base alla lesività del provvedimento al momento della sua emanazione e all’eventuale intervento di ulteriori provvedimenti che rendano l’originario atto, per la sua intrinseca natura ( ad esempio atto generale o di natura regolamentare), concretamente lesivo in un momento successivo alla sua emanazione, mentre la ricostruzione del giudice di primo grado riconduce la lesività ad un fenomeno esterno, quale l’inflazione, che avrebbe inciso successivamente su un provvedimento amministrativo, che invece era ormai divenuto, in relazione alla sua natura, per gli aspetti contestati in giudizio, inoppugnabile. Il fenomeno esterno rilevante, quale l’inflazione, poteva invece solo costituire un presupposto per l’operatività degli strumenti che la stessa delibera del 2021 prevedeva, in caso di sopravvenuto squilibrio economico finanziario del servizio, o, in sede di aggiornamento dei costi al momento dell’adeguamento biennale, con la conseguenza che, rispetto alla delibera del n. 389 del 3 agosto 2023, potevano essere tempestivamente impugnate nel 2023 solo le previsioni di tale delibera o le modifiche al MTR 2 contenute nella detta delibera, non anche il sistema complessivo del MTR2, che avrebbe dovuto essere tempestivamente contestato nei sessanta giorni dalla conoscenza della delibera n. 363 del 3 agosto 2021.

Ne deriva la tardività non solo delle censure accolte dal giudice di primo grado ma anche di quelle riproposte con l’appello incidentale, le quali anche riguardano complessivamente il MTR2.

Sul punto non può non essere rilevato, infatti, che con il ricorso si impugna anche formalmente l’intero allegato A alla delibera n. 363 del 2021, che poteva essere tempestivamente impugnato solo nella parte modificata con la delibera n. 389 del 2023.

In ogni caso, la mancata previsione di conguagli per il 2023 è stata anche superata dalla facoltà attribuita agli Enti territorialmente competenti (ETC), con la determina del 6 novembre 2023, di procedere al riconoscimento dei conguagli per il 2023, con fondatezza anche del secondo motivo di appello con cui si ripropone l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

La determina del 2023 ha, infatti, previsto una misura di favore per i gestori del servizio rifiuti, rispetto alla quale quindi non risulta neppure sussistente un concreto ed attuale interesse all’impugnazione o quanto meno la lesività della determina, sotto tale profilo, non era immediata, potendo l’ente territoriale procedere al riconoscimento dei conguagli, mentre solo in caso di diniego da parte dell’ETC si sarebbe concretizzato l’interesse anche all’impugnazione del meccanismo di riconoscimento dei detti conguagli.

In ogni caso, con riguardo alla determina del 6 novembre 2023, l’appello è anche fondato nel merito relativamente al potere degli ETC di procedere al riconoscimento dei conguagli.

L’art. 3.3 della determina dirigenziale del 6 novembre 2023 ha attribuito all’ente territorialmente competente, anche alla luce degli esiti dell’attività di validazione al medesimo richiesta, il potere “di valorizzare, secondo le modalità operative declinate nel tool di calcolo di cui alla lettera a) del comma 1.1, il recupero del conguaglio riconducibile agli scostamenti tra i costi riconosciuti in sede di prima approvazione della predisposizione tariffaria 2022-2025, con riguardo all’annualità 2023 (annualità per la quale è stato assunto, in sede di prima approvazione, un tasso di inflazione nullo ai sensi del comma 7.5 del MTR-2) e quelli riquantificabili considerando il tasso di inflazione pari a 2023=4,5%, individuato dalla deliberazione 389/2023/R/RIF”.

Il potere attribuito agli ETC è perfettamente in linea con il ruolo per questi previsto sia dalla delibera n. 389 del 2023 che nel MTR 2, approvato nel 2021, come del resto affermato dallo stesso giudice di primo grado con riguardo al potere attribuito agli ETC relativamente al recupero di costi eccedenti il “Limite alla crescita” nel periodo 2024-2025 ovvero nelle annualità successive.

Infatti l’ETC ha un ruolo determinante nella determinazione dei parametri per la predisposizione delle tariffe, in base al MTR2. Ai sensi dell’art. 7 della delibera del 3 agosto 2021, di approvazione del MTR 2, è l’ETC che valida il piano economico finanziario del gestore. L’art. 28 del MTR 2 disciplina l’elaborazione del PEF che è sottoposto a validazione da parte dell’organismo competente, “il quale provvede anche alla valutazione dei parametri e dei coefficienti di propria competenza. La validazione concerne almeno la verifica: a) della coerenza, della completezza e della congruità degli elementi di costo riportati nel PEF rispetto ai dati contabili dei gestori; b) del rispetto della metodologia prevista dal presente provvedimento per la determinazione dei costi riconosciuti”. Ai sensi del successivo comma 2 “L’organismo competente verifica, altresì, il rispetto dell’equilibrio economico finanziario del gestore, comunicando a quest’ultimo gli esiti delle valutazioni al riguardo compiute, nonchè motivando le scelte adottate nell’ambito dell’attività di eventuale integrazione e modifica dei dati, delle informazioni e gli atti trasmessi dall’operatore, secondo criteri funzionali al riconoscimento dei costi efficienti di investimento e di esercizio”.

In base all’art. 4.7 del MTR 2, “Qualora l’Ente territorialmente competente accerti eventuali situazioni di squilibrio economico e finanziario, oltre a quanto stabilito al comma precedente, il medesimo provvede a dettagliare puntualmente le modalità volte a recuperare la sostenibilità efficiente della gestione, declinandone gli effetti nell’ambito del PEF pluriennale, eventualmente presentando una revisione infra periodo della predisposizione tariffaria”.

Anche la delibera n. 389 del 2023 ha assegnato agli ETC i compiti relativi agli strumenti, che consentono l’adeguamento delle tariffe con riguardo all’aumento dei fattori della produzione e alla valorizzazione dei coefficienti influenzati dall’andamento dell’inflazione.

Infatti, ai sensi dell’art. 1.2 lettera c), gli enti territorialmente competenti “in esito alla procedura di validazione di cui al comma 7.4 della deliberazione 363/2021/R/RIF compiuta sulla base delle informazioni e degli atti enucleati al comma 7.3 del medesimo provvedimento, assumono le pertinenti determinazioni di aggiornamento tariffario biennale e le trasmettono all’Autorità nel rispetto delle modalità e dei termini di cui ai commi 8.2 e 8.3 della citata deliberazione 363/2021/R/RIF”. Ai sensi dell’art. 4: “Alla luce dell’andamento dei prezzi dei fattori della produzione, al fine di assicurare la continuità del servizio e la sostenibilità dei corrispettivi all’utenza finale, per ciascun anno �� = {2024, 2025}:a) il parametro ���� per la determinazione del limite alla crescita delle tariffe è determinato aggiornando il valore del tasso di inflazione programmata, �������� , e ponendolo pari a 2,7%; b) oltre ai coefficienti di cui ai commi 4.2 e 4.4 del MTR-2 previsti per la determinazione del citato limite alla crescita annuale delle entrate tariffarie, l’Ente territorialmente competente ha la facoltà di valorizzare il coefficiente ��������, in considerazione dei maggiori oneri sostenuti per il servizio integrato di gestione dei rifiuti negli anni 2022 e 2023 riconducibili alla dinamica dei prezzi dei fattori della produzione” . Conseguentemente il MTR 2 è stato modificato prevedendo all’art. 4.4bis: “Ai fini dell’aggiornamento biennale delle entrate tariffarie, in ciascun anno �� = {2024, 2025}, per la determinazione del parametro ����, l’Ente territorialmente competente può valorizzare il coefficiente ��������, che tenga conto dei maggiori oneri sostenuti per il servizio integrato di gestione dei rifiuti negli anni 2022 e 2023 riconducibili alla dinamica dei prezzi dei fattori della produzione. Tale coefficiente può essere valorizzato entro il limite del 7%, non potendo comunque il parametro ���� assumere valore superiore a quello risultante dalla formula di cui al comma 4.2, fatta salva la facoltà prevista dal successivo comma 4.6.”. Il comma 4.5 del MTR-2 ha previsto: “Nel caso in cui il totale delle entrate tariffarie di riferimento ecceda il limite alla relativa variazione annuale, detta differenza - qualora validata dall’Ente territorialmente competente e dal medesimo ritenuta necessaria al mantenimento dell’equilibrio economico finanziario, nonché al perseguimento degli specifici obiettivi programmati - potrà essere rimodulata, comunque nel rispetto del limite di crescita applicato nelle pertinenti annualità, nei seguenti termini: in sede di prima determinazione tariffaria, tra le diverse annualità del PEF pluriennale al fine di consentirne il riconoscimento nelle tariffe del quadriennio 2022-2025;in sede di aggiornamento biennale delle entrate tariffarie per le annualità 2024 e 2025, anche successivamente al termine del vigente periodo regolatorio, al fine di consentirne il riconoscimento nelle tariffe delle annualità successive al 2025.”.

La determina dirigenziale del 6 novembre 2023 è quindi meramente attuativa di quanto previsto dal MTR e dal suo aggiornamento nel 2023.

Inoltre l’art. 9.2 della delibera n. 389 del 2023 rinviava a specifici provvedimenti attuativi per la “definizione delle modalità operative per la predisposizione e trasmissione – prevista per le proposte tariffarie relative agli anni 2024 e 2025 dal comma 8.2 della deliberazione 363/2021/R/RIF e dal comma 1.2 del presente provvedimento – dell’aggiornamento dei dati e degli atti, redatti secondo schemi tipizzati, che costituiscono l’aggiornamento della proposta tariffaria per gli anni 2024 e 2025 (con particolare riferimento al piano economico -finanziario, corredato dalle informazioni e dagli atti necessari alla validazione dei dati impiegati”).

In ogni caso, ai sensi del comma 527 della legge 27 dicembre 2017 n. 205, “Al fine di migliorare il sistema di regolazione del ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati, per garantire accessibilità, fruibilità e diffusione omogenee sull'intero territorio nazionale nonché adeguati livelli di qualità in condizioni di efficienza ed economicità della gestione, armonizzando gli obiettivi economico-finanziari con quelli generali di carattere sociale, ambientale e di impiego appropriato delle risorse” è stato attribuito alla Autorità regolatoria il potere di approvazione delle tariffe “definite dall’ente di governo dell'ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento”.

Ai sensi dell’art. 26 del d.lgs. 23 dicembre 2022 n. 201, “1. Fatte salve le competenze delle autorità di regolazione e le disposizioni contenute nelle norme di settore, gli enti affidanti definiscono le tariffe dei servizi in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della gestione, nonché il perseguimento di recuperi di efficienza che consentano la riduzione dei costi a carico della collettività, in armonia con gli obiettivi di carattere sociale, di tutela dell'ambiente e di uso efficiente delle risorse, tenendo conto della legislazione nazionale e del diritto dell'Unione europea in materia.

2. Per la determinazione della tariffa si osservano i seguenti criteri:

a) correlazione tra costi efficienti e ricavi finalizzata al raggiungimento dell'equilibrio economico e finanziario della gestione, previa definizione e quantificazione degli oneri di servizio pubblico e degli oneri di ammortamento tecnico-finanziario;

b) equilibrato rapporto tra finanziamenti raccolti e capitale investito;

c) valutazione dell'entità dei costi efficienti di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;

d) adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.

4. Allo scopo di conseguire il graduale miglioramento della qualità e dell'efficienza dei servizi, gli enti affidanti, nel rispetto delle discipline di settore, fissano le modalità di aggiornamento delle tariffe con metodo del «price cap», da intendersi come limite massimo per la variazione di prezzo, sulla base, in particolare, dei seguenti parametri:

a) tasso di inflazione programmata;

b) incremento per i nuovi investimenti effettuati;

c) obiettivo di recupero di efficienza prefissato;

d) obiettivi di qualità del servizio prefissati, definiti secondo parametri misurabili.

5. Gli enti affidanti possono prevedere che l'aggiornamento della tariffa sia effettuato con metodi diversi da quello di cui al comma 4 nelle ipotesi in cui, in relazione alle caratteristiche del servizio, tale scelta risulti, sulla base di adeguata motivazione, maggiormente funzionale al raggiungimento degli obiettivi di miglioramento della qualità e dell'efficienza del servizio”.

L’ente territoriale è quindi il soggetto deputato dall’ordinamento alla predisposizione concreta delle tariffe con la conseguenza che la determina del 6 novembre 2023, in conformità sia alla delibera n. 363 del 2023, che a quella del 2021 con cui è stato approvato il MTR 2, non poteva che indicare tale ente come competente a determinare i parametri condizionati dall’inflazione e a consentire il recupero di eventuali aumenti dei costi derivanti dall’inflazione.

Venendo all’appello incidentale con il quale sono state riproposte le censure del ricorso di primo grado respinte dal TAR, rileva il Collegio in via preliminare, richiamando quanto già sopra evidenziato, che le censure in primo grado non potevano che ritenersi tardive riguardando l’impianto generale del MTR 2. Inoltre, anche a prescindere dalla tardività, le censure formulate in primo grado, oltre ad una complessiva genericità, in quanto non hanno contestato specificamente le misure adottate dall’ARERA, sono tese a sindacare non l’illegittimità della delibera per le misure concretamente adottate, ma complessivamente il mancato intervento dell’ARERA rispetto a misure idonee a fronteggiare l’inflazione, quali quelle richieste dagli operatori in sede di consultazione, in particolare relativamente a strumenti di conguaglio automatico dell’inflazione. In sostanza si contesta l’inidoneità delle misure adottate a fronteggiare il fenomeno inflattivo che si è verificato nel 2022-2023. Sul punto si deve rilevare che i provvedimenti amministrativi sono impugnabili in quanto, innovando la realtà giuridica, comportano una lesione concreta ed attuale delle situazioni di interesse legittimo dei privati, i quali invece di fronte all’omissione o all’inerzia dell’Autorità amministrativa hanno appositi strumenti di tutela. E’ vero che rispetto alla regolazione l’intervento dell’Autorità di settore comporta una valutazione complessiva degli interessi, per cui in sede giurisdizionale, l’assetto regolatorio può essere sindacato per la complessiva illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà, ma, nel caso di specie, nella sostanza non si contesta la irragionevolezza o illogicità degli strumenti di adeguamento all’inflazione adottati dall’ARERA nel 2023, ma si lamenta che l’Autorità non ne abbia previsti ulteriori, ritenendo non adeguate o sufficienti le misure adottate; con la conseguenza, dunque, che si chiede di esercitare un sindacato di merito sulle scelte effettuate dall’Autorità, sindacato che dovrebbe essere integralmente sostitutivo di tale scelte rientranti nella discrezionalità tecnica dell’Autorità di regolazione del settore. Si richiede, infatti, un intervento sostitutivo del giudice amministrativo rispetto all’esercizio del potere amministrativo, con conseguenti profili di inammissibilità delle censure e dei motivi di appello incidentale con cui è stata riproposta la seconda censura del ricorso di primo grado.

Con riguardo all’esercizio della discrezionalità tecnica dell'Autorità indipendente nell’ambito del potere regolatorio la giurisprudenza, infatti, ritiene che il sindacato giurisdizionale debba solo stabilire se la valutazione complessa operata nell'esercizio del potere debba essere ritenuta corretta - sia sotto il profilo delle regole tecniche applicate, sia nella fase di contestualizzazione della norma posta a tutela della concorrenza che nella fase di raffronto tra i fatti accertati ed il parametro contestualizzato - essendo limitato, in sede di legittimità, ai soli casi di risultati abnormi ovvero manifestamente illogici, con la conseguenza che esso è volto a verificare se l'Autorità abbia violato il principio di ragionevolezza tecnica, senza che sia consentito, in coerenza con il principio costituzionale di separazione, sostituire le valutazioni, anche opinabili, dell'amministrazione con quelle giudiziali. Infatti, il sindacato del giudice amministrativo sull'attività di regolazione, per cui è ammessa una piena conoscenza del fatto e del percorso intellettivo e volitivo seguito del regolatore, trova un limite nella insostituibilità delle valutazioni amministrative, in particolare di quelle complesse effettuate nell’esercizio del potere regolatorio (cfr. Cons. Stato Sez. II, 24 maggio, 2022, n. 4142; Sez. VI, 23 marzo 2022, n. 2111).

In ogni caso le censure del secondo motivo di appello incidentale, oltre ad essere tardive ed inammissibili, attinendo al merito delle scelte dell’Autorità, sono anche infondate.

Con la prima parte del secondo motivo di appello incidentale si contesta la “mancata previsione di un sistema di conguagli che consenta l’allineamento dei costi inseriti nel PEF 2022-2025 (ricavati dai dati di preconsuntivo ovvero dal Bilancio 2020) a quelli effettivamente sostenuti dal Gestore”, precisando che la revisione infra periodo, approvata dall’AURI con la delibera 2 del 2024, aveva assunto i costi sostenuti nel 2021 ricavati dal bilancio di esercizio nel frattempo approvato ( e quindi non più valori presuntivi), ma aveva continuato ad assumere, per il 2023, inflazione nulla cioè pari a 0. La parte appellante incidentale ha, quindi, sostenuto che il giudice di primo grado non avrebbe correttamente considerato la censura proposta.

Premesso che nel ricorso introduttivo la censura era stata proposta così come esaminata dal giudice di primo ovvero con riguardo ai dati del preconsuntivo, in ogni caso l’altra parte della censura proposta in primo grado (e del motivo di appello) era relativa al mancato sistema di conguagli per adeguare i costi inseriti nel PEF 2023 al tasso di inflazione effettivamente registratosi e conseguentemente all’illegittimità del mantenimento del PEF 2023 con “inflazione nulla”.

Su tale motivo deve essere confermata la sentenza di primo grado, rilevando che proprio la delibera n. 389 del 2023 (l’unica impugnabile nel presente giudizio) ha previsto il tasso di inflazione per il 2023 pari a 4,5, proprio al fine dell’adeguamento biennale delle predisposizioni tariffarie, per cui viene meno il presupposto “inflazione 0 per il 2023” indicato nel motivo di appello, mentre la circostanza che l’adeguamento fosse di carattere biennale e non annuale deriva dal sistema complessivo del MTR2. Quanto alla previsione di inflazione nulla per il 2025 si deve osservare, secondo quanto affermato anche dal giudice di primo grado, che si tratta di una mera ipotesi, posta a base dell’adeguamento tariffario biennale, non essendo noti i dati su cui calcolare tale tasso di inflazione, che sarà comunque recuperabile nell’adeguamento del MTR successivo. Infatti l’art. 4.5 del MTR 2, inserito con la delibera n. 389 del 2023, sopra richiamato, ha previsto uno strumento per la rimodulazione delle entrate tariffarie, in sede di aggiornamento biennale delle entrate tariffarie per le annualità 2024 e 2025 “anche successivamente al termine del vigente periodo regolatorio, al fine di consentirne il riconoscimento nelle tariffe delle annualità successive al 2025.”

Quanto alle contestazioni mosse al potere attribuito agli ETC di procedere al riconoscimento degli aumenti, in particolare per la determinazione del parametro “����” ovvero il cd. “Limite alla crescita delle entrate tariffarie” e alla possibilità di recupero oltre tale limite, si è già richiamato il ruolo fondamentale degli ETC nella validazione dei Piani economico - finanziari dei gestori dei servizi e nella determinazione dei costi riconosciuti, previsto nel MTR 2, con la conseguente tardività della censura. In ogni caso il motivo è anche infondato, come sopra già indicato per la determina n. 6 del 2023, in base al complessivo ruolo degli ETC delineato dal quadro normativo di riferimento.

Con riguardo all’ultima parte del motivo di appello, relativo alla mancata previsione della possibilità di applicare la remunerazione del capitale agli importi eccedenti il cd. extracap ovvero non ammessi al riconoscimento tariffario nell’anno di pertinenza, stante il cap rappresentato dal “Limite alla crescita” deve rilevarsi che il MTR 2 disciplinava già nel testo originario all’art. 12 la determinazione dei costi d’uso del capitale; all’art. 14 le modalità di remunerazione del capitale.

La delibera n. 363 del 2021, poi, prevedeva espressamente all’art. 4, sopra citato, “4.2 Le entrate tariffarie determinate per ciascuna delle annualità 2022, 2023, 2024 e 2025 non possono eccedere quelle relative all’anno precedente, più del limite alla variazione annuale, che tiene conto, ai sensi dell’Articolo 4 del MTR-2: a) del tasso di inflazione programmata; b) del miglioramento della produttività; c) del miglioramento previsto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni erogate agli utenti; d) delle modifiche del perimetro gestionale, con riferimento ad aspetti tecnici e/o operativi.

4.3 Qualora l’Ente territorialmente competente non individui obiettivi di miglioramento della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni erogate e non preveda modifiche al perimetro gestionale, le entrate tariffarie possono essere incrementate, al massimo, per il valore corrispondente alla differenza tra il tasso di inflazione programmata e il miglioramento della produttività, salvo i casi in cui si ravvisi la necessità di copertura degli scostamenti attesi riconducibili alle novità normative introdotte dal decreto legislativo 116/20, in materia di qualificazione dei rifiuti prodotti da utenze non domestiche e di possibilità per tale tipologia di utenza di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico.

4.4 Nel caso in cui l’Ente territorialmente competente ritenga necessario, per il raggiungimento degli obiettivi migliorativi definiti o per il superamento di situazioni di squilibrio economico e finanziario, il superamento del limite di cui al precedente comma 4.2, presenta all’Autorità, per i seguiti di competenza, una relazione attestando le valutazioni compiute come specificato nel citato Articolo 4 del MTR-2”.

Il limite alla crescita era quindi previsto dalla delibera del 2021 con i correttivi espressamente indicati.

Ne deriva la tardività anche di tale censura in primo grado, in quanto il limite era già previsto nel MTR 2, che ha fissato il limite alle tariffe, ma che comunque consentiva meccanismi di recupero. Peraltro il motivo è anche infondato, in quanto, anche in tal caso si chiede un sindacato sulle scelte regolatorie dell’Autorità, che supera i limiti dell’eccesso di potere ma attiene alle scelte di merito dell’Autorità regolatoria. In ogni caso, l’Autorità ha comunque contemperato, sotto vari profili, le esigenze di garantire l’efficienza delle gestioni con la effettiva copertura dei costi rispetto alla tutela degli utenti, al fine di non evitare eccessivi aumenti delle tariffe. Si deve, infatti ricordare, che l’art.1 della legge 14 novembre 1995, n. 481 indica in via generale le finalità dell’Autorità regolatoria dei servizi di pubblica utilità di “garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità…nonché adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo. Il sistema tariffario deve altresì armonizzare gli obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti il servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse”.

Anche l’art. 26 del d.lgs. 201 del 2022, sopra richiamato, detta i criteri per il contemperamento dei vari interessi in gioco, ai fini della determinazione della tariffa in relazione al “raggiungimento dell'equilibrio economico e finanziario della gestione”, “all’equilibrato rapporto tra finanziamenti raccolti e capitale investito”; alla “valutazione dell'entità dei costi efficienti di gestione delle opere”, all’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, ma indicando espressamente le modalità di aggiornamento delle tariffe con metodo del «price cap», “da intendersi come limite massimo per la variazione di prezzo, sulla base, in particolare, dei seguenti parametri: a) tasso di inflazione programmata; b) incremento per i nuovi investimenti effettuati; c) obiettivo di recupero di efficienza prefissato; d) obiettivi di qualità del servizio prefissati, definiti secondo parametri misurabili”. L’inserimento di limiti di prezzo mira a coniugare quindi, da un lato, la copertura dei costi e, in generale, l’utilità della gestione e, dall’altro, l’efficientamento della gestione stessa e la tutela degli utenti del servizio, considerando che anche il principio del full cost recovery non può essere inteso in maniera meccanicistica non imponendosi sempre e comunque il recupero dei costi a prescindere da un periodo di riferimento più o meno lungo e nel corso del quale possono tollerarsi diseconomie più o meno significative (Cons. Stato, Sez. II, 9 dicembre 2022, n. 10805).

Pertanto, anche il principio della congrua remunerazione del capitale investito deve essere interpretato in coerenza con la finalità della regolazione, di cui all'art. 1 L. n. 481 del 1995, che è quella di promuovere la concorrenza e l'efficienza dei servizi, nonché adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi in condizioni di economicità e di redditività. Questi obiettivi devono essere perseguiti con la definizione di un sistema tariffario che promuova la tutela degli interessi degli utenti e consumatori, la quale richiede di necessità l'adozione di misure di contenimento degli oneri (Cons. Stato, Sez. VI, 23 marzo 2022, n. 2111).

In ogni caso, la delibera n. 389 del 2023 ha previsto molteplici strumenti di adeguamento all’inflazione e la parte ricorrente odierna appellante incidentale non ha provato la inidoneità di tali misure a sopperire a tali esigenze, anche considerata la disposizione generale dell’art. 4.7 del MTR2 per cui “Qualora l’Ente territorialmente competente accerti eventuali situazioni di squilibrio economico e finanziario, oltre a quanto stabilito al comma precedente, il medesimo provvede a dettagliare puntualmente le modalità volte a recuperare la sostenibilità efficiente della gestione, declinandone gli effetti nell’ambito del PEF pluriennale, eventualmente presentando una revisione infra periodo della predisposizione tariffaria”, salva ovviamente la possibilità di impugnare eventuali provvedimenti sfavorevoli degli ETC.

E’ infondato anche il primo motivo di appello incidentale, con cui si contestano le affermazioni del giudice di primo grado in ordine alla reiezione del primo motivo di ricorso relativo alla mancata considerazione delle osservazioni in sede di consultazione.

La deliberazione ARERA 23 dicembre 2014 649/2014/A, che disciplina la partecipazione ai procedimenti di regolazione, all’art. 4 disciplina la fase di consultazione, all’art. 5 prevede: “l’atto di regolazione è motivato tenendo conto anche delle eventuali osservazioni e proposte tempestivamente presentate nel corso della consultazione”.

Nel caso di specie l’Autorità ha formalmente avviato la fase di consultazione alla quale hanno partecipato Enti territorialmente competenti (ivi inclusi i Comuni) e loro associazioni di categoria, i gestori e loro associazioni, i consorzi per la gestione degli obblighi di responsabilità estesa del produttore, società di consulenza. Ha richiamato nella motivazione le grandi linee delle osservazioni pervenute. Risulta, quindi, avere tenuto conto, nella complessiva attività di contemperamento degli interessi, dei vari apporti pervenuti, né dall’art. 5 della delibera n. 649 del 2024, conformemente ai principi generali, che regolano la partecipazione al procedimento e la motivazione dei provvedimenti amministrativi, può derivare un obbligo di puntuale motivazione su tutte le osservazioni pervenute.

Infatti, in linea generale, la consolidata giurisprudenza ritiene che l’amministrazione non abbia l’obbligo di rendere una formale, analitica confutazione in merito di ogni argomento ivi esposto, essendo sufficientemente adeguata, alla luce dell'art. 3 della L. n. 241 del 1990, un’esternazione motivazionale che renda, nella sostanza, percepibile la ragione del mancato adeguamento dell’azione amministrativa alle loro deduzioni partecipative (Cons. Stato, Sez. VI, 11 ottobre 2024, n. 8150; Sez. V, 9 dicembre 2024, n. 9848).

Con specifico riguardo agli atti di regolazione da parte delle Autorità indipendenti, la giurisprudenza, pur ritenendo, che le garanzie procedimentali attraverso la consultazione degli interessati siano particolarmente rilevanti in relazione alla mancanza in capo alle Autorità del collegamento del potere pubblico con i soggetti politici, legittimati dai principi della democrazia rappresentativa, (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 8 aprile 2021, n. 2827), afferma che le Autorità di regolazione, devono dare atto nella motivazione degli apporti partecipativi, ma non devono esaminare singolarmente ogni osservazione pervenuta, i quanto è proprio del potere regolatorio il contemperamento degli interessi in gioco, nel caso di specie, nella predisposizione tariffaria, tra soggetti gestori e utenti del servizio interessi, dei quali l’Autorità deve comporre una sintesi anche sul piano partecipativo e motivazionale, essendo escluso quindi un onere di specifica confutazione degli apporti partecipativi degli interessati (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23 marzo 2022, n. 2111).

Sul punto non può che essere, dunque, confermata la sentenza di primo grado.

In conclusione l’appello dell’ARERA è fondato e deve essere accolto con riforma della sentenza impugnata in parte qua; l’appello incidentale deve essere respinto.

In considerazione della complessità delle questioni esaminate, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, così decide:

- accoglie l’appello principale proposto da ARERA e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge integralmente il ricorso di primo grado;

- respinge l’appello incidentale proposto da GEST S.r.l. ed altri.

Compensa le spese del doppio grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2025 con l'intervento dei magistrati:

Giovanni Sabbato, Presidente FF

Francesco Frigida, Consigliere

Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

Carmelina Addesso, Consigliere

Alessandro Enrico Basilico, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
Cecilia AltavistaGiovanni Sabbato
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO